Skip to content

Bernardino Regazzoni: “La questione Taiwan pesa più della guerra Russia-Ucraina”

Bernardino Regazzoni, ex-ambasciatore svizzero, è sicuramente una di quelle persone che indicherei se qualcuno mi chiedesse di presentargli «una persona che conosce il mondo». Costa. d’Avorio, Congo, Sri Lanka, Indonesia, Italia, Francia, Cina… sono alcune delle tappe che costellano la carriera diplomatica del 66enne luganese. Dottore in filosofia e profondo conoscitore degli Stati Uniti, Regazzoni è stato ospite del Club dei 1000 a conclusione di un percorso di incontri con al centro la diplomazia svizzera nel mondo. La chiacchierata con il diplomatico è partita dall’ultimo dei Paesi che l’hanno visto nostro ambasciatore: la Cina, Paese nel quale, nel novembre 2019, accolse una delegazione. ticinese. Era la vigilia dell’emergenza Covid che portò la Cina ancor più del solito alla ribalta internazionale. «L’avvento della pandemia ha fatto seguito ad un periodo di continue visite in Cina – racconta Regazzoni - e quella della delegazione ticinese è stata una delle numerose missioni di cantoni svizzeri di quei mesi. Ripensando a quei giorni, credo che non sia solo la pandemia ad aver cambiato le chiavi di lettura, ma forse ha contribuito a portare alla luce aspetti che già esistevano, e che oggi caratterizzano il mondo del dopo pandemia. Tra questi una visione più realistica della Cina, dove il Partito Comunista è più che mai protagonista assoluto. Il controllo del partito ha portato a dei successi, come nella lotta alla povertà. Non bisogna tuttavia mai dimenticare che la Cina ha un sistema politico molto diverso dal nostro. Già da prima della pandemia è in corso una rivoluzione nella geopolitica mondiale». Oggi l’evoluzione della situazione interna alla Cina appare incerta, a causa, tra l’altro della demografia prevista. per i prossimi anni. «C’è un problema di crescita demografica - spiega Regazzoni -, e questo. perché 36 anni di demografia strettamente controllata hanno lasciato il segno. Secondo le stime dell’ONU, entro il 2050 la Cina registrerà un calo di circa il 25% nella fascia d’età tra i 18 e i 25 anni. Il che si tradurrà con ogni probabilità in una crisi della produttività».

La sicurezza prima di tutto

A proposito di fattori che covavano, in un certo senso, sotto la cenere e che la pandemia ha contribuito a portare in superficie primeggia, secondo l’ambasciatore, l’approccio del governo. cinese al tema «sicurezza». Un caso che potremmo definire emblematico. «Emerso chiaramente durante il periodo più caldo dell’emergenza Covid - ricorda Regazzoni -, il tema sicurezza, in Cina, era centrale già nel pre-pandemia, malgrado i suoi effetti negativi sull’economia. E questa centralità la si percepisce assai bene a livello globale, quando si parla del fatto che l’accesso a determinate tecnologie sarà più difficile o, addirittura, le aziende di settori come le biotech o della green economy avranno un accesso limitato ai materiali necessari alla produzione. È chiaro che ci saranno delle difficoltà». Soprattutto perché ad essere coinvolti sono tutti i grandi attori presenti sullo scacchiere geopolitico mondiale: dagli Stati Uniti all’Unione Europea, fino ad arrivare alla Svizzera. Realtà che, spesso, gestiscono i rapporti con Pechino in maniera piuttosto eterogenea, come conferma anche Regazzoni. «L’Unione europea avrebbe di per sé un approccio simile a quello degli Stati Uniti, se non fosse che a Bruxelles si è costretti a cercare una via comune per i 27 membri dell’Unione. E non è semplice. Basti considerare le differenze con l’approccio tedesco. La Germania è molto più esposta alla Cina dal punto di vista economico, soprattutto l’industria automobilistica e chimica, rispetto ad altri Paesi. Anche le dichiarazioni dopo la recente visita in Cina del Presidente francese Macron hanno fatto storcere il naso a molti, evidenziando questa difficoltà a mantenere una posizione comune all’interno dell’UE».

Tra Stati Uniti e Svizzera

Tra tensioni commerciali sul piano globale e guerra in Ucraina, un ruolo di primo piano nei rapporti geopolitici internazionali lo giocano chiaramente gli Stati Uniti, una realtà che Bernardino Regazzoni conosce in modo approfondito. «Bisogna iniziare ricordando che la Cina. è e resta il primo partner commerciale degli USA, con un interscambio di circa 700 miliardi sul piano commerciale, e uno squilibrio di circa 400 miliardi a favore della Cina. Prevale nel contempo ormai l’approccio «de-risking», che consiste nel tentare di diminuire la dipendenza dalla Cina in alcuni settori chiave, come ad esempio quello della produzione di microchip. Ma anche di distribuire meglio i propri investimenti». In questo complesso sistema di rapporti e interessi incrociati, si inserisce anche la Svizzera, che grazie al suo accordo di libero scambio con la Cina, gode certamente di una posizione privilegiata. «L’accordo funziona bene e sta dando i suoi frutti, non solo in termini di volumi, ma anche, ad esempio, nel campo della protezione della proprietà intellettuale in ambito farmaceutico. L’accordo, quindi, non pone problemi. Nella popolazione e anche in parlamento cresce d’altro lato la sensibilità non tanto sui contenuti, quanto ad aspetti legati al rispetto dei diritti dell’uomo a livello della produzione. Pensare ad un approfondimento dell’accordo che li includa esplicitamente, mi pare però molto difficile».

La «polveriera» nel Pacifico

Parlare di USA e Cina senza toccare il tema Taiwan, sarebbe quasi impossibile, anche perché le tensioni nella regione potrebbero innescare una pericolosa escalation sul piano globale. Ne è fermamente convinto anche Regazzoni, che sottolinea ad esempio che parlare di «polveriera» può anche essere considerato semplicistico, considerando la posta in gioco. «La sfida geopolitica oggi più importante passa proprio attraverso il Pacifico e ha al centro la questione Taiwan - osserva l’ambasciatore - e sebbene Taiwan non sia mai stata sotto il controllo della Cina comunista, il tema è pane quotidiano in Cina. Quando ero ambasciatore a Pechino, ho toccato con mano quante volte la stampa, ogni giorno, parlasse della questione Taiwan. Sull’altro fronte, quello americano, il problema è altrettanto centrale. Perché nel Mar cinese meridionale passano due terzi di tutte le navi commerciali a livello mondiale, perché Taiwan è vicinissima al Giappone e perché le basi americane nella regione, a Okinawa e sull’isola. di Guam, hanno un’importanza strategica. Le implicazioni sono enormi e per questo il punto di frizione assume una dimensione proporzionalmente anche più importante rispetto alla questione Russia-Ucraina. E non possiamo neanche illuderci che, visti gli interessi commerciali in gioco, non succeda nulla».

Un filosofo in ambasciata

Oltre alla moglie Maria Cristina e alla famiglia, a sostenere Regazzoni nei suoi anni di carriera diplomatica c’è stata anche un’altra alleata: quella filosofia che è stata al centro dei suoi studi e continua ad accompagnarlo. «La filosofia serve per cercare di mettere ordine nei problemi- ha chiosato l’ambasciatore -. Il mondo è fatto di esseri umani, quindi, in alcuni casi, il comportamento irrazionale prende il sopravvento su quello razionale e questo va tenuto sempre in considerazione nelle relazioni interpersonali, ma anche in quelle internazionali. Per quanto riguarda invece la capacità di ricordarsi degli errori per evitare di ripeterli, beh, non sono molto ottimista. La realtà ci dice che abbiamo a che fare con generazioni che non solo non ricordano la storia, non ricordano neppure la cronaca! La ragione ci permette sempre di evitare gli errori più gravi, è vero, ma il problema sta nel ricordarsi di usarla (la ragione)».