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“Il populismo economico va sempre più di moda in Svizzera”

Marco Salvi, nelle scorse settimane, il governo ticinese ha presentato l’ennesimo preventivo con un disavanzo di un centinaio di milioni con un debito pubblico ormai vicino ai 3 miliardi. Come si inserisce il Ticino nel confronto con gli altri Cantoni da questo punto di vista?

“Il Ticino non è il solo a prevedere disavanzi: anche il Canton Vaud per esempio registra un netto peggioramento. Benché Avenir Suisse abbia mostrato una sistematica tendenza dei Cantoni al pessimismo previsionale, il Ticino pare fare eccezione. La sua situazione desta preoccupazione”.

Vi è chi ha giudicato il nostro Consiglio di Stato come “timido” nel proporre soluzioni sul piano dei costi. Lei è d’accordo?

“Non direi che sia stato timido. Anzi, il Consiglio di Stato ha comunicato con grande chiarezza: ‘attenzione, questa volta la situazione è seria’. Per la prima volta dopo molti anni, le finanze del Cantone Ticino fanno notizia (purtroppo) persino a livello federale. Per passare dalle parole ai fatti serve però il consenso del Gran Consiglio — e, in ultima istanza, delle elettrici e degli elettori. Questo il Consiglio di Stato lo sa bene”.

Ancora una volta il Preventivo denomina “risparmi” inteventi che, nei fatti, sono nuove imposte. Come economista, come considera questa pratica?

“La creatività contabile non è prerogativa delle imprese! L'aggiornamento delle stime immobiliari, l’eliminazione dell'adeguamento al rincaro delle soglie LAPS e quello dei redditi rilevanti per la RIPAM possono prestarsi a questa lettura. Ve detto però che le stime immobiliari sono oggi estremamente sottovalutate e vanno adeguate – è una questione di giustizia fiscale”.

A breve i ticinesi saranno chiamati a votare su di un’iniziativa che chiede di bloccare l’aumento del numero di dipendenti cantonali, richiedendo una gestione più efficiente delle risorse pubbliche. Non pensa che il riquilibrio dei conti dello Stato passi anche attraverso una diversa gestione della pubblica amministrazione?

“Certo, le nostre amministrazioni devono diventare più efficaci e snelle. Ma, a mio avviso, il vero problema è l’eccesso di compiti loro affidati, soprattutto a livello cantonale. Non dimentichiamo che la gran parte dell’aumento della spesa riguarda la socialità e la sanità: è lì che si determinano gli andamenti di bilancio. I tagli alla burocrazia sono necessari, ma da soli non bastano a risolvere il problema strutturale. Bisogna ridurre anche la spesa”.

Il piano finanziario per i prossimi anni presenta poi cifre ancora peggiori, con previsioni da 700 milioni di deficit, cifre alimentate dalle recenti iniziative sulle casse malati, dall’abolizione del valore locativo e da altri fattori. Come giudica questa evoluzione?

“In Svizzera stiamo attraversando una stagione di populismo economico. A forza di ripetere che stiamo meglio degli altri, rischiamo di compromettere proprio ciò che ci ha resi diversi – ad esempio l’equilibrio delle finanze pubbliche”.

Si è fatto un’idea sulla questione dell’esplosione dei costi della salute, che vede il Ticino nello scomodo ruolo di “maglia nera” nazionale? In che direzione bisognerebbe andare?

“Non sono un esperto di sanità, ma quasi tutti gli articoli che ho letto al riguardo sottolineano l’elevatissima densità di strutture ospedaliere in Ticino. In Svizzera tedesca si dice: ‘jedem Täli sis Spitäli’ — a ogni valle il suo ospedale. Un adagio che sembra adattarsi in modo particolare al Ticino”.

Un Cantone con un bilancio attorno ai 4-4,5 miliardi può sostenere un’evoluzione simile delle sue finanze?

“Potrebbe indebitarsi, ma se consideriamo il solo debito pro capite, il Ticino è già al terzo posto, alla pari di Neuchâtel e del Giura. Non siamo ai livelli di Ginevra, certo; tuttavia, l’aumento dell’indebitamento, rapportato alla spesa, è in Ticino molto marcato. Ginevra, invece, sta ripagando il debito”.

Il PLR si oppone alla soluzione del problema attraverso la comoda scorciatoia della leva fiscale. Sarà possibile evitare un aumento delle imposte anche alla luce del chiaro risultato del Referendum del 9 giugno 2024? Cosa deve fare lo Stato per riuscirci?

“Già oggi la fiscalità ticinese non è particolarmente favorevole a chi produce reddito; per altri gruppi, invece, risulta tra le più basse. È una realtà da tenere ben presente. Mi preoccupa anche che il tasso di occupazione femminile in Ticino sia il più basso della Svizzera. Occorre attivare maggiormente il lavoro femminile retribuito, che contribuirebbe ad aumentare il gettito dell’imposizione sulle persone fisiche”.

Tra chi avanza proposte di finanziamento dello Stato, c’è anche chi sostiene un aumento dell’aliquota fiscale per i grandi patrimoni. Che effetto avrebbe una misura di questo tipo? Avrebbe senso?

“Il fatto che un numero non indifferente di contribuenti norvegesi abbia recentemente trasferito il domicilio a Lugano costituisce una risposta indiretta alla sua domanda. Tartassare il capitale non è a termine una buona idea dal punto di vista fiscale”.

Qualcuno propone invece la via dell’indebitamento. Cosa ne pensa? Ha senso indebitarsi per finanziare i sussidi? E, poi, quale investitore istituzionale comprerà un’emissione obbligazionaria destinata non all’invetimento ma ai sussidi in assenza di un cospicuo premio sul tasso di interesse?

“Non siamo ancora l’Argentina… Ma il debito va destinato soprattutto a investimenti infrastrutturali, non alla spesa corrente – persino quella sociale. Diversamente, si genera un indebitamento che trasferisce oneri alle generazioni future senza creare capacità produttiva”.

Anche la Confederazione sta affrontando un periodo di riforma delle spese. Come valuta l’approccio di Berna? Tutto sommato diverse spese finiranno col ricadere anche sui Cantoni, non è una via un po’ “facile” quella dello scaricare costi verso il basso (anche il Cantone tende a farlo con i Comuni)?

“La situazione della Confederazione assomiglia molto a quella ticinese e sta rapidamente peggiorando. Anche qui il motore della spesa è rappresentato da sociale e sanità, cui si aggiunge la sicurezza che però abbiamo trascurato troppo a lungo. A differenza del Cantone, però, a livello federale si possono aumentare i contributi sociali: di conseguenza è ancora più facile spostare oneri sulle generazioni future”.

In Ticino Spending Review e Revisione dei compiti dello Stato segnano il passo. Secondo lei sarebbe utile prevedere per legge una revisione sistematica della spesa su base periodica?

“Assolutamente. Avenir Suisse ha delineato un meccanismo di freno alla regolamentazione ad hoc, che diversi Cantoni stanno valutando attivamente. Ciò avrebbe anche un impatto sulla spesa”.

Su La Regione del 2 ottobre un deputato PLR ha paventato un possibile commissariamento del Cantone da parte della Confederazione. È uno scenario possibile?

“Un tale meccanismo non esiste a livello federale. Molto più probabile che se la spesa non sarà ridotta verso livelli coerenti con le entrate, si renda necessario aumentare le imposte”.