Grazie per il vostro invito. È sempre bello ritrovarci insieme e attorno ai nosti valori!
Oggi desidero parlarvi dello stato di salute del mondo e delle conseguenze per la Svizzera, il Ticino e il nostro partito.
La Svizzera ha sempre saputo affrontare le difficoltà con pragmatismo e responsabilità. Lo abbiamo visto in Vallemaggia, dove la ricostruzione è un impegno comune tra Comuni, Cantone e Confederazione. E lo vediamo oggi, davanti a una sfida ancora più grande: il futuro della nostra democrazia. Insieme a Christian Vitta siamo stati sul posto la scorsa estate. Poi abbiamo lavorato instancabilmente sul finanziamento degli interventi necessari per il ripristino delle infrastrutture in Vallemaggia, duramente colpita dalle alluvioni della scorsa estate. Abbiamo ottenuto anche il pieno sostegno del Consigliere federale Albert Rösti. Oltre agli aiuti ordinari già stanziati lo scorso settembre, i servizi cantonali e federali stanno valutando insieme ulteriori misure straordinarie per garantire un supporto adeguato. I lavori sono in corso, e seguiamo con grande attenzione l’evoluzione della situazione, nella speranza di poter annunciare presto risultati concreti.
Torno ora al tema della democrazia. Avete certamente sentito parlare di “cambiamento epocale”. Ma lo è davvero? Sì, è proprio così. Anche se in Svizzera sentiamo per fortuna ancora poco l’onda d’urto. Ci troviamo di fronte a una svolta epocale. Il 2024 ha rappresentato un punto di rottura in molte democrazie, segnando un cambiamento strutturale nel rapporto tra cittadini, istituzioni e potere politico. Anche le guerre in Ucraina e nel Medio-Oriente sono sintomi di questa svolta. Non voglio analizzarne oggi le cause, ma leggere i fatti, tirarne gli insegnamenti e capire come reagire.
I fatti
Ma andiamo con ordine. Prima i fatti. L’anno 2024 è stato un autentico banco di prova per la democrazia globale. Oltre 1,5 miliardi di elettori hanno espresso il proprio voto in 73 Paesi, tracciando un quadro chiaro – e per certi aspetti inquietante – dello stato della democrazia nel mondo. La partecipazione massiccia a queste elezioni potrebbe essere vista come un segnale positivo, ma i risultati raccontano una storia diversa: sfiducia verso le istituzioni, avanzata del populismo e crisi dei partiti centristi. In altre parole, il 2024 non è stato soltanto un anno di elezioni, ma un grido d’allarme sul funzionamento del sistema democratico In cinque brevi punti riassumo la situazione.
L’era della polarizzazione e il declino del centro
Per la prima volta in 120 anni di democrazia moderna, tutti i leader nei Paesi occidentali hanno perso consensi alle urne. Non è un normale ciclo politico, ma una crisi profonda del sistema. Un cambiamento strutturale, appunto. Le elezioni non servono più solo a scegliere un leader, ma diventano un referendum contro il sistema stesso. Il centro politico – storicamente la garanzia di stabilità – è in crisi ovunque. Il risultato? Un mondo sempre più diviso tra populismo di destra e radicalismo di sinistra, con pochi spazi per il compromesso.
Un nuovo rapporto tra giovani e politica
Le giovani generazioni, invece di rafforzare la democrazia, si stanno allontanando dai partiti tradizionali. Il fatto che i giovani uomini si spostino a destra e le giovani donne a sinistra sta creando una polarizzazione generazionale senza precedenti. Questo è un segnale di rottura con il passato: tradizionalmente, i giovani erano i portatori di riforme all’interno dei sistemi democratici consolidati. Oggi, invece, scelgono la rottura con il sistema stesso.
Una crisi di legittimità senza precedenti
In passato, quando l’economia andava male, i governi cambiavano. Ma oggi non è solo una questione economica: anche in Paesi con una crescita positiva, come l’India - la più grande democrazia al mondo - la fiducia nelle istituzioni si sta erodendo. Il messaggio delle elezioni del 2024 è chiaro: le istituzioni democratiche non stanno rispondendo alle aspettative dei cittadini. La sensazione diffusa è che il potere sia nelle mani di élite scollegate dalla realtà della popolazione. Questo sta aprendo la strada a un nuovo paradigma, dove il populismo non è più un fenomeno temporaneo, ma un modello politico stabile.
Il ruolo rivoluzionario della tecnologia
Le elezioni del 2024 hanno dimostrato come i social media abbiano superato i partiti tradizionali come strumenti di mobilitazione politica. Lo abbiamo visto in Messico, in India, negli Stati Uniti, ma anche in Europa – come in Romania – dove i vincenti hanno costruito il loro successo su strategie digitali avanzate, dimostrando che la politica del futuro si giocherà sempre di più nello spazio virtuale. Questa trasformazione ha implicazioni profonde: la politica diventa più immediata, diretta, emotiva; la disinformazione e la manipolazione diventano strumenti strategici; i leader tradizionali, abituati ai meccanismi istituzionali, rischiano di essere tagliati fuori dal dibattito. Non è un cambiamento di dettaglio: è una rivoluzione nel modo in cui il potere viene conquistato e mantenuto.
La fine di un’epoca e l’inizio di un’altra
Negli anni ‘90, dopo la caduta del Muro di Berlino, si pensava che la democrazia liberale fosse destinata a trionfare ovunque. Alcuni hanno parlato della “fine della storia”. Oggi sappiamo che quella visione era un’illusione. Non siamo alla fine della storia, ma all’inizio di una nuova era, con regole e dinamiche ancora incerte.
La combinazione di fattori economici, sociali e tecnologici sta creando una crisi del modello democratico tradizionale. Questo non significa che la democrazia sia condannata, ma che sta mutando profondamente. E anche molto velocemente - a giudicare dal ritmo delle decisioni del presidente americano.
L’interpretazione
Molti osservatori vedono nel populismo la causa del problema. Io direi invece che il populismo è solo un sintomo. La malattia è la perdita di fiducia tra i cittadini e le élites politiche. D’altro canto noi, in Ticino, abbiamo vissuto gli albori di questa nuova stagione già 30 anni fa con la Lega dei Ticinesi. Era il riflesso di quanto stava avvendendo in Italia con Bossi e Berlusconi. Quelle stesse logiche hanno ora permeato tutto il continente europeo e prodotto la svolta epocale di cui parlavo. Logiche che traggono la loro origine dalla rivoluzione digitale degli anni ‘90 e dalla conseguente globalizzazione.
Negli ultimi decenni, la globalizzazione ha creato vincitori e vinti. Alcuni hanno beneficiato della crescita economica, altri si sono sentiti esclusi. Quando i cittadini si convincono che il sistema non lavora per loro, cercano alternative – e spesso finiscono per affidarsi a chi promette soluzioni rapide e radicali. Il rischio? Una politica basata sul conflitto e sulla divisione, più che sulla costruzione di soluzioni condivise. In una società sempre più frammentata, il dialogo diventa difficile, il compromesso è visto come una debolezza, e la democrazia rischia di ridursi a una lotta tra fazioni contrapposte.
E in Svizzera?
Nel nostro Paese, la democrazia diretta e il sistema di consenso hanno finora contenuto le tendenze viste altrove. Ma non siamo immuni. Vediamo segnali di polarizzazione politica, con dibattiti sempre più accesi su temi come l’immigrazione, l’ambiente, i rapporti con l’Unione Europea. Anche in Svizzera, il panorama politico si sta frammentando, e il compromesso diventa più difficile. Sì, la democrazia sta attraversando una crisi. Ma noi non siamo spettatori. Siamo eredi di una tradizione che ha fatto della Svizzera un modello unico al mondo.
E abbiamo strumenti unici per affrontare questa sfida:
- Una democrazia diretta, che permette ai cittadini di esprimersi su questioni chiave.
- Un federalismo forte, che garantisce il coinvolgimento di tutte le regioni e comunità linguistiche.
- Una cultura politica solida, che per ora resta ancorata al dialogo e alla concordanza.
Questi elementi hanno reso la Svizzera un modello di stabilità. Ma la stabilità non è mai garantita. Dobbiamo difendere il nostro sistema con determinazione, evitando le scorciatoie della demagogia e rimanendo fedeli ai principi della nostra democrazia.
Consguenze
Il 2024 ha dimostrato che la democrazia non è un dato di fatto, ma un processo in continua evoluzione. È fragile, può essere messa in crisi dalla sfiducia, dall’apatia, dalla polarizzazione. La democrazia è forte quando i cittadini partecipano e i politici prendono decisioni con responsabilità. Se ci impegniamo insieme, possiamo affrontare anche le sfide più difficili. Inoltre la Costituzione svizzera ci dà un compito chiaro: promuovere la democrazia e la pace nel mondo (Art. 54). Per farlo, dobbiamo basarci su tre principi fondamentali: lo stato di diritto, il dialogo e la collaborazione internazionale. In un mondo incerto, è fondamentale costruire ponti, non muri. Un vecchio proverbio arabo dice: "Chi vive in pace con il suo vicino dorme senza paura”. Questo vale non solo per i rapporti tra persone, ma anche tra Comuni, Cantoni e, soprattutto, tra Stati. I nostri vicini sono l’Italia, la Francia, la Germania, l’Austria e il Liechtenstein. In poche parole, l’Unione Europea.
La nostra sicurezza e stabilità dipendono dalla qualità delle nostre relazioni con loro. Se queste vengono meno, anche la nostra indipendenza e prosperità sono a rischio. Ecco perché il Consiglio federale non solo vuole evitare inutili tensioni con l’Europa, ma vuole anche anche posizionare la Svizzera come leader nel cuore dell’Europa, forte della sua neutralità, della sua stabilità e della sua innovazione. Costruire un rapporto solido e di fiducia è dunque un investimento strategico per il nostro futuro. Da oltre 25 anni, la via bilaterale con l’UE contribuisce alla nostra prosperità. Con l’accordo raggiunto prima di Natale sui negoziati, abbiamo fatto un passo decisivo per rendere questa relazione più stabile e duratura. Il futuro è incerto, ma una cosa è sicura: la democrazia non si difende da sola. Dipende da noi, dalle nostre scelte, dal nostro impegno.
Questo è il nostro momento. I nostri predecessori non hanno esitato quando hanno costruito la Svizzera moderna. Oggi tocca a noi. La bussola liberale è chiara. V’invito a mettere l’accento su sette priorità per il futuro della Svizzera:
1. Rafforzare il senso di responsabilità – La Svizzera prospera quando cittadini, istituzioni e imprese assumono responsabilità e moderano le loro aspettative nei confronti dello Stato, evitando una dipendenza eccessiva dalle istituzioni pubbliche.
2. Stabilizzare le relazioni con i nostri vicini – Un rapporto solido con l’Europa è essenziale per la nostra economia, sicurezza e indipendenza.
3. Dare nuovo valore alla cultura del compromesso – La nostra forza sta nella capacità di trovare soluzioni condivise, evitando derive estremiste e polarizzazioni.
4. Utilizzare la neutralità come strumento strategico e pragmatico - La neutralità non è isolamento, ma una leva per garantire stabilità e influenza a livello internazionale.
5. Consolidare il sistema di milizia – Il nostro modello politico si basa sull’impegno diretto dei cittadini: dobbiamo preservarlo e rafforzarlo.
6. Rafforzare la difesa nazionale – In un mondo incerto, è fondamentale investire nella nostra sicurezza, anche coordinandoci con i partner europei. Questione di restare credibili.
7. Promuovere la coesione sociale – La Svizzera deve restare un paese unito, capace di integrare le differenze e garantire opportunità per tutti.La stabilità di oggi è il frutto del coraggio e della visione di chi ci ha preceduto. Hanno lottato per queste sette priorità, perché sapevano che senza di esse la Svizzera non sarebbe quella che è. Ora tocca a noi. Non possiamo permetterci di abbassare la guardia, né lasciarci intimidire dalle mode del momento o distrarre dal frastuono delle tante richieste effimere. Concentriamoci sull’essenziale! Le scelte che contano non si delegano: spetta a noi decidere il futuro della Svizzera. Sono certo che, seguendo questa via, il nostro partito saprà toccare il cuore di una larga parte della popolazione: quella sì più silenziosa … ma anche quella più numerosa.
Scriviamo noi il prossimo capitolo della Svizzera. Perché se non siamo noi a difendere la libertà e la democrazia, chi lo farà? La Svizzera ha bisogno del PLR. Il PLR ha bisogno di voi. E voi, oggi, avete una scelta da fare. Uniamo le forze. Alziamo la voce. E dimostriamo ancora una volta che il PLR è il motore del futuro di questo Paese. Non stiamo solo difendendo la Svizzera di oggi. Stiamo costruendo quella di domani. E il futuro si scrive adesso.
16.3.2025 – Congresso di metà legislatura PLRT – Biasca
Intervento del CF Ignazio Cassis